Divorzio: novità sul mantenimento del coniuge

Avvocato Maria Catena Savoca: “La rivoluzionaria sentenza della Suprema Corte sull’assegno divorzile”

Il diritto all’assegno di divorzio, così come previsto dalla medesima legge, è condizionato dal previo accertamento giudiziale della mancanza di mezzi adeguati dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, comunque, dall’impossibilità dello stesso di procurarseli per ragioni oggettive. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, infatti, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno, quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

La ratio di tale norma ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di solidarietà economica il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali persone singole, a tutela della persona economicamente più debole, cosiddetta solidarietà post-coniugale. E da tale fondamento costituzionale che nasce la qualificazione della natura dell’assegno di divorzio come esclusivamente assistenziale. Per anni però si è dato credito all’orientamento per cui il coniuge più debole doveva continuare a mantenere lo stesso tenore di vita, di cui aveva usufruito durante il matrimonio, e sulla base di tale parametro veniva quantificato l’assegno divorzile.

La Cassazione con la  rivoluzionaria sentenza della prima sezione civile n° 11504/2017  muta il proprio orientamento in materia, ribaltando tale orientamento.

Con una svolta epocale, la Corte ancora il diritto al mantenimento nel divorzio, al presupposto della non autosufficienza economica del coniuge più debole, ritenendo non più attuale, nell’ambito dei mutamenti economico-sociali, il riferimento alla continuazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio. La Suprema Corte  parte dall’assunto che il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano sia dello status personale dei coniugi, i quali devono perciò considerarsi da allora in poi “persone singole”, sia dei loro rapporti economico-patrimoniali e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale.

Pertanto il diritto all’assegno di divorzio è eventualmente riconosciuto all’ex coniuge richiedente, esclusivamente come persona singola e non già come ancora parte di un rapporto matrimoniale, ormai estinto anche sul piano economico-patrimoniale e solo in assenza degli adeguati mezzi economici del coniuge più debole e di non indipendenza o autosufficienza economica. In caso contrario, infatti, l’attribuzione dell’assegno sarebbe un illegittimo arricchimento perché fondato soltanto sull’esistenza di un rapporto matrimoniale, ormai estinto.

Pertanto dice la Suprema Corte, se il diritto all’assegno di divorzio è riconosciuto alla persona dell’ex coniuge non già in ragione del  rapporto matrimoniale ormai definitivamente estinto, bensì in considerazione di esso nel corso di tale seconda fase, ormai in separazione, la quantificazione dello stesso non deve essere più legato al matrimonio (tenore di vita in costanza di matrimonio) bensì alla necessità intrinseca del richiedente stesso.

E’ necessario superare quindi la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva perché è ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza anche per l’assunzione piena del rischio di una eventuale cessazione del rapporto, anche dal punto di vista patrimonialistico, e quindi esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale da parte dell’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.

Avv. Maria Catena Savoca

 

 

 

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