Terrorismo in territorio pontino: alla Polizia restano molti interrogativi

Ricostruita dal Sindacato della Polizia di Stato la rete di complici dei terroristi di Berlino e Marsiglia. Forze dell’ordine estromesse dalla Commissione per le richieste di asilo

Se anche alla Polizia di Stato rimangono più domande che certezze sulla presenza di terroristi sul territorio pontino, allora non c’è da stare sereni.

Il Sindacato Ugl-LeS (Libertà e Sicurezza) ha ricostruito, attraverso i coordinatore nazionale Elvio Vulcano, la rete di fiancheggiatori di cui si sono avvalsi Anis Amri ed Ahmed Hanachi.

Sia l’attentatore di Berlino che quello di Marsiglia, infatti, in anni recenti hanno trovato la collaborazione di alcuni connazionali insediatisi in terra pontina, in particolare ad Aprilia.

Ma se le indagini hanno portato a capire come si sono mossi sul nostro territorio i due terroristi, alla Polizia rimane da capire cosa sia successo in seno alla Commissione esaminatrice delle richieste di asilo.

In essa non è più presente un rappresentante delle forze dell’ordine, perché questa figura è stata sostituita da quella del mediatore culturale.

Inutile sottolineare la diversità dei ruoli.

Ma ancora resta da rispondere alla domanda più importante su questa scelta: perché?

La rete di contatti dei terroristi

L’analisi di Vulcano è molto particolareggiata, e ripercorre le tappe della vicenda di Anis Amri nel dettaglio:

Anis Amri – spiega il coordinatore nazionale Ugl-LeS – è un tunisino arrivato a Lampedusa su un barcone di migranti.

Le operazioni d’intelligence hanno portato alla luce una mappa dei luoghi dove il terrorista ha vissuto e soggiornato in Italia.

Non solo l’autore della strage di Berlino Anis Amri, ma anche il killer di Marsiglia, Ahmed Hanachi, è vissuto in Italia.

In particolare nel comune di Aprilia, la terra pontina diventata di fatto un collegamento fra questi due soggetti.

I servizi d’investigazione mirano a capire perché proprio qui hanno vissuto due terroristi islamici pronti a colpire in Europa.

L’indagine, condotta dal pm Sergio Colaiocco, è iniziata dall’esame dei tabulati del cellulare di Amri.

Nei mesi successivi all’attentato sono stati, poi, espulsi dal territorio italiano tre dei suoi conoscenti che vivevano in provincia di Latina e ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale.

Con gli arresti dei giorni scorsi, disposti dal Gip di Roma Costantino De Robbio, viene dimostrato che la rete intessuta da Amri nel nostro Paese potrebbe non essersi limitata ai tre espulsi.

La polizia, su ordine del Gip di Roma, ha notificato il mandato di cattura a cinque stranieri.

Tra cui il palestinese Abdel Salem Napulsi, 38 anni, accusato di terrorismo che prima del fermo, avvenuto nell’ottobre scorso a Latina durante un controllo antidroga, ha cercato di acquistare o noleggiare un mezzo, un modello tipo pickup, adatto a montare armi da guerra.

A lui – riferisce ancora Vulcano – gli investigatori della Digos sono arrivati passando al setaccio la rubrica di Anis Amri.

Il quale nell’estate del 2015 trascorse almeno una decina di giorni ad Aprilia ospite del suo amico Montassar Yakoubi, conosciuto a bordo del barcone che portò entrambi a Lampedusa nel 2011.

Il Napulsi ha avuto contatto diretto con ambienti riconducibili all’Isis attraverso uno dei cellulari di Khazri Mounir, noto spacciatore radicalizzato a Latina.

Gli altri quattro arrestati sono i tunisini Akram Baazaoui, Mohamed Baazoui, Dhiaddine Baazaoui e Rabie Baazoui.

A loro la procura di Roma contesta l’associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione dei documenti e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Anch’essi, in contatto con un amico di Amri, hanno fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di connazionali.

A loro, dietro il pagamento di grosse somme di denaro, fornivano carte d’identità e patenti fasulle per proseguire il viaggio verso Francia e Germania“.

Tante domande, nessuna risposta

Ed è a questo punto che arrivano le domande.

Alle quali si spera di trovare presto delle risposte, per fare in modo che l’incertezza svanisca.

E con essa la possibilità che altri estremisti possano venire a trovare asilo, sia dalle nostre parti che nel resto del Paese:

“Sarebbe giusto – sottolinea Vulcano – chiedere conto di tutto questo a chi ha avuto compiti istituzionali nella provincia pontina.

Chi doveva vigilare?

Chi e come ha distribuito i richiedenti asilo sul nostro territorio?

Perché dalla Commissione esaminatrice delle richieste di asilo è stata tolta la figura dell’appartenente alle Forze dell’Ordine?

Chi ha potuto far rimuovere un componente così importante da tale Commissione?

A chi ha arrecato giovamento questa improvvida scelta?

Perché non si procede ad incrementare le forze dell’ordine territoriali con figure che possano veramente contrastare la criminalità organizzata e il terrorismo?”.

Di “perché?” ce ne sono ancora troppi.

di Massimo Pacetti

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