Dolcificanti: Monk Fruit e Agave

Da Asia e America due sostanze naturali

in aiuto di diabetici e obesi

Floriana Francesca

Niente più rinunce per chi soffre di diabete o ha problemi di obesità: vengono in aiuto sostanze naturali quali monk fruit e agave che, con un apporto calorico minimo, dolcificano cibi e bevande. La stevia, fino a poco tempo fa utilizzatissima, è stata ormai superata da altri prodotti a causa del suo retrogusto non universalmente apprezzato. Il monk fruit, in particolare, è un frutto proveniente dal sud della Cina e dal nord della Tailandia, il cui estratto dolcifica 300 volte in più rispetto alla zucchero ed è già utilizzato, nelle terre di cui è originario, come dolcificante per bevande fresche e, nella medicina tradizionale cinese, nel trattamento di diabete e obesità. Questo frutto è stato scoperto da un gruppo di monaci buddisti ai tempi della dinastia Tang ed è chiamato anche luo han guo (o luo han kuo), o ancora, con il suo nome scientifico, siraitia grosvenorii.

Nei paesi in cui viene utilizzato è venduto essiccato, e utilizzato in tisane e zuppe oltre che come dolcificante. Sul monk fruit sono state condotte diverse analisi, da cui è stata evidenziata la sua atossicità. In Italia non è ancora venduto né usato, ma sarebbe davvero una sostanza utile, grazie alla sua efficacia anche contro raffreddori, problemi allo stomaco e altre patologie. L’agave, utilizzata in forma liquida in succhi e sciroppi, è un dolcificante naturale proveniente da una pianta originaria dalle zone tropicali e subtropicali del continente americano. È stata adoperata per centinaia di anni dagli aztechi per curare diverse malattie, ed è impiegata ancora oggi come lassativo e per prevenire l’osteoporosi, tra i tanti usi. L’agave contiene, inoltre, numerose vitamine, tra cui la provitamina A, la vitamina B, la C, la D e la K. L’agave commercializzata, però, nasconde delle insidie: la quantità di fruttosio presente naturalmente nel nettare d’agave è del 55%, mentre quella in commercio ne contiene fino al 97%. In queste concentrazioni affatica il fegato e può essere dannoso per l’intero organismo. Altra insidia è rappresentata dal fatto che l’agave in commercio è ben differente da quella che si trova in natura: quello venduto è, spesso, l’amido della radice del bulbo della pianta, sostanza troppo elaborata e trattata chimicamente. Secondo alcuni esperti, poi, la qualità dell’agave destinata al commercio è molto scadente, e forse anche tossica. La US Food and Drug Administration vi ha spesso riscontrato, poi, la presenza di pesticidi. Attenzione, quindi, all’etichetta!

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