Giovane pianista di successo: ecco l’apriliano Axel Trolese

Il pianoforte la sua vita, la musica il suo amore;  i suoi maestri i due mentori. Vive a Parigi e ci racconta i momenti di terrore che hanno vissuto i parigini.

La musica è la colonna sonora della nostra vita. La musica diverte, fa sognare, conforta e fa anche piangere; la musica piace ed impariamo ad apprezzarla fin da bambini. La musica è quello che noi vogliamo che sia: vita, amore, rabbia, forza, gioia, allegria…e tutto e niente.

La musica racchiude in sé sensazioni ed emozioni uniche: ci comunica messaggi, ci conforta, ci fa riflettere sulla vita e ci proietta in un mondo irreale dove desideriamo entrare per sottrarci dalle difficoltà della vita reale.

La carriera di Axel Trolese, giovane pianista apriliano, riprende in linea di massima tutti questi concetti poc’anzi elencati. Reduce dal secondo posto al “Premio Venezia 2015” nella prestigiosa location del Teatro La Fenice e vincitore del “Premio Casella 2015”, proiettano Axel verso un futuro promettente e radioso.

Un pianista che è in grado di raccontare attraverso la musica e le sue note sentimenti, con forza, semplicità ed umiltà, avendo come mentori i suoi stimati maestri,  Maurizio Baglini e Roberto Prosseda.

Axel Trolese racconta, in un’intervista, il suo amore per la musica: “Aspetti che più amo della musica è il suo tendere verso un punto culminante, raggiunto tramite delle peripezie più o meno linguisticamente articolate a seconda del periodo storico e del compositore. Un altro fattore essenziale è la necessità della ricreazione continua della musica, tramite il lavoro dei musicisti, in quanto essa non è solo un’arte contemplativa, come la letteratura o le arti figurative, le quali presentano opere finite che non hanno la necessità di essere realizzate.”

Axel Trolese premio casella

L’INTERVISTA

1)La musica ha sempre fatto parte di te o della tua famiglia?

“Io non sono un cosiddetto “figlio d’arte”, nel senso che i miei genitori non sono musicisti: mio padre è un generale dell’esercito e mia madre una geologa.”

2)Cosa ami di più della musica?

“Questa è una domanda talmente vasta da non poter rispondere esaustivamente, forse, ma sicuramente una delle cose che più amo della musica è il suo tendere verso un punto culminante, raggiunto tramite delle peripezie più o meno linguisticamente articolate a seconda del periodo storico e del compositore. Un altro fattore essenziale è la necessità della ricreazione continua della musica, tramite il lavoro dei musicisti, in quanto essa non è solo un’arte contemplativa, come la letteratura o le arti figurative, le quali presentano opere finite che non hanno la necessità di essere realizzate. La musica appartiene a tre entità: compositore, interprete e pubblico; la dimensione dell’interprete è un’eccezione nel panorama delle altre forme di arte (così come la figura del ballerino, ad esempio), pertanto essa è ogni volta diversa e irripetibile.”

 

3)Nella tua vita c’è stato un episodio in particolare che ti ha così tanto colpito da farti avvicinare alla musica?

“A casa ho sempre avuto un pianoforte verticale, un Doina, che mamma utilizzava quando era bambina e strimpellava qualche nota; anche se in seguito aveva smesso di suonare, quando ero piccolo e non avevo ancora monopolizzato lo strumento, ogni tanto, molto raramente, si dilettava con qualche pezzo facile. Una delle mie caratteristiche è sempre stata la curiosità, dunque ero effettivamente molto curioso di capire come si potesse usare quell’ “aggeggio”. Allora, quando avevo 4 anni, i miei mi portarono a lezione da Guido Gavazzi, alla Scuola di musica Amadeus, e da quel momento cominciò tutto.” 

4) A chi ti ispiri per proseguire il tuo percorso, ossia qual è il tuo musicista o pianista preferito: insomma il tuo mentore?

“Ogni studente di qualsiasi strumento ha la sua piccola classifica di musicisti preferiti, che studia attentamente grazie ai dischi e a YouTube, e io non faccio eccezione! Per quanto mi riguarda, i miei grandi mentori sono innanzitutto i miei grandissimi maestri Maurizio Baglini e Roberto Prosseda, dai quali ho preso molto e ancora devo imparare tantissimo; in secondo luogo, i pianisti “del passato” che più mi ispirano e che più degli altri analizzo sono soprattutto Arturo Benedetti Michelangeli, Claudio Arrau, Alfred Cortot e per alcune cose Ivo Pogorelich. Non so dire quale sia il mio pianista preferito, perché ho un gusto che cambia quasi ogni giorno!”

6)A volte ti capita di suonare brani inediti?

“No, non sono un compositore e dunque non l’ho mai fatto, forse un giorno comporrò qualcosa ma si tratta di una prospettiva lontana; per ora sono completamente assorbito dal mio lavoro di interprete.”

Axel

7)Cosa ti ha spinto a scegliere il pianoforte come strumento musicale? Che emozioni e sensazioni ti trasmette?

“Per quanto mi riguarda, la musica esprime tutte le sensazioni e le emozioni che un essere umano prova, dalle più gradevoli alle più terribili, e suonando, a seconda dei casi, queste sensazioni vengono stimolate e sviluppate. Il pianoforte (che per me, in quanto pianista, è sinonimo stesso di musica) è quindi un contenitore di ciò che esprime la musica e, contemporaneamente, di ciò che sento io; è il mezzo con il quale so meglio esprimermi e captare informazioni dall’ambiente circostante, dalle composizioni del passato, e dal pubblico che ascolta in sala. Si potrebbe dire che io viva in simbiosi con esso.”

8)Qual è il tuo sogno nel cassetto? Hai mai preso in considerazione l’eventuale di suonare un altro strumento musicale oltre al pianoforte?

“Il sogno di ogni essere umano è il raggiungimento di una felicità che non si riveli vana dopo poco tempo; non credo che ve ne sia uno legato esplicitamente alla musica. Ogni tanto mi piacerebbe saper suonare tutta la musica che amo che non è per pianoforte, ma non è un vero e proprio sogno. Un sogno implica il desiderio, che a sua volta implica quantomeno un tentativo e/o un’azione per realizzarlo; non mi sento disposto a ricominciare da zero la mia formazione approcciando un nuovo strumento, anche e soprattutto perché non saprei scegliere quale.

 

9)Viaggi molto? Quali sono le location più famose dove hai suonato?

“Il mio mestiere costringe tutti noi a dei viaggi molto frequenti; questa è una cosa molto avvincente e adrenalinica dato che scoprire posti nuovi è sempre interessante. In assoluto, il Teatro La Fenice di Venezia è il palco più prestigioso che abbia mai solcato, ma altrettanto importanti (che però non fanno parte della nostra cultura così tanto a fondo) sono l’Amiata Piano Festival, il Teatro Verdi di Pordenone e il Teatro Ponchielli di Cremona e la Fazioli Concert Hall di Sacile.

 

10)Dove ti vedi fra 10 anni?

“Tra 10 anni spero di essere un pianista in carriera che vive in una bella città d’arte italiana, ma non gigantesca come Roma.”

11) Vivi a Parigi, durante gli attentati dove ti trovavi? Hai avuto paura? Che aria si respira a Parigi e quali sono le sensazioni dei parigini?

“Io vivo a Parigi da settembre e per mia fortuna non sono stato coinvolto dagli attentati, anche se non ero molto distante; comunque ci si sente partecipi del dolore e dello sgomento generale di un popolo che si vede attaccato da dei terroristi senza pietà e senza intelletto alcuno, contro i quali, proprio per questo motivo, è difficile relazionarsi dopo un gesto simile, dialogando nei limiti della civiltà. Parigi è ancora scossa ma si sta riprendendo; ora il dibattito politico è molto forte e purtroppo anche aperto a generalizzazioni e all’odio contro un popolo che non si rispecchia in uno Stato di terroristi e assassini. Bisogna comprendere che il razzismo è inutile e in questo momento troppe persone si sentono giustificate a fare di tutta l’erba un fascio, anche in Italia.”

Melania Orazi

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