Un patrimonio naturale straordinario
Situati ai confini con l’Abruzzo, i Monti Simbruini costituiscono una delle aree montane più suggestive ed importanti del Lazio e prendono il nome dal latino sub imbris (“sotto le piogge”), in virtù dell’elevata piovosità della zona. Qui, fra vette che superano i 2000 metri, foreste sconfinate e praterie si possono assaporare in molti punti sensazioni di autentica wilderness, accentuate dal fatto che queste montagne sono tuttora poco frequentate e poco conosciute, se non per i rinomati centri sciistici di Livata e Campo Staffi. Tutelati da un vasto parco regionale, i Monti Simbruini custodiscono un patrimonio naturale straordinario, con un ambiente estremamente vario, segnato per un verso dalla presenza dei fiumi Aniene e Simbrivio, che da 2000 forniscono anni acqua a Roma, e per un altro dalla fenomenologia del carsismo, qui particolarmente spiccata: numerose infatti le grotte (sia pur riservate agli speleologi), senza contare la seria infinita di inghiottitoi, doline e campi solcati (da non perdere l’altopiano dei Fondi di Jenne) che rendono quasi ovunque scarsa l’acqua in quota, per poi lasciarla riapparire purissima nelle sorgenti. Ricchissima infine la fauna, che annovera specie rare come l’aquila reale, il lupo e l’orso bruno marsicano.
Storia, arte e spiritualità
L’area del parco, selvaggia terra degli antichi Equi, appare segnata profondamente dall’opera dell’uomo. Presso Subiaco, in epoca romana Nerone si fece costruire un’incredibile villa con tanto di tre laghetti ottenuti tramite lo sbarramento dell’Aniene. Nell’Alto Medioevo poi, su iniziativa di un giovane San Benedetto da Norcia, che proprio qui iniziò la sua esperienza eremitica, nacquero svariati cenobi: oggi, a dominio dei resti dell’antica residenza imperiale, possiamo ancora ammirare i celebri e spettacolari monasteri di Santa Scolastica e del Sacro Speco, custodi di eccezionali opere d’arte e pregni di un’atmosfera di intensa spiritualità. I due monasteri e le sottostanti Gole dell’Aniene (che si allungano solitarie sino all’umile e silente Jenne, dove Fogazzaro ambientò “Il Santo”) formano uno dei paesaggi più romantici d’Italia, amato e decantato ai tempi del Grand Tour. Ancora “paesaggi dello spirito” nella vicina Valle del Simbrivio, ove nell’ennesimo scenario di solenne bellezza si nasconde il vetusto Santuario della Santissima Trinità, scavato ai piedi di un’ardita parete rocciosa. Fra i paesi, invece, merita una menzione speciale il pittoresco borgo-presepe di Cervara di Roma, noto per la sua rupe scolpita, che offre panorami mozzafiato sull’incantevole Valle dell’Aniene, nel punto in cui essa si allarga in una placida conca, sempre circondata da boschi e punteggiata da abitati medievali.
L’incanto delle stagioni
Senza dubbio, una delle cose più splendide dei Simbruini è il mutare delle stagioni. Le maestose foreste di faggio ed acero guardate dall’alto colpiscono per compattezza e vastità (tra i Simbruini e i contigui Ernici si estende la faggeta più grande d’Europa), mentre man mano che ci si avvicina ai fondovalle – ove si fa sentire l’influenza dei fiumi – la vegetazione è più mista, con lecci, querce, salici e pioppi. Ne risulta un paesaggio meraviglioso, ricco di colori continuamente cangianti nel corso dell’anno: dallo struggente e malinconico autunno, con le sue infinite sfumature, alla festosa primavera con il verde vivo delle chiome degli alberi e le fioriture di orchidee sui pascoli.
Un paradiso per l’escursionismo
Caratterizzati da un susseguirsi di altopiani circondati da fitte faggete, i Monti Simbruini favoriscono un escursionismo leggero e rilassante. Del resto, fatta eccezione per le tre cime principali del gruppo, il Monte Viglio (2156 m.), il Monte Cotento (2015 m.) e il Monte Tarino (1997 m.), i Simbruini offrono ampi spazi privi di montagne di un certo rilievo, e quindi perfetti per chi cerca lunghe passeggiate nella natura senza troppa fatica. Allo stesso tempo, però, la scalata del Viglio in inverno con la neve riserva difficoltà alpinistiche, mentre la vetta del Tarino si raggiunge solo dopo una bella sgambata. Un territorio insomma adatto a tutte le esigenze escursionistiche, ed ottimo anche per l’equitazione grazie alle immense praterie, che non a caso furono usate come set per alcuni film western, fra cui il cult Lo Chiamavano Trinità, quasi interamente girato sull’Altopiano di Camposecco.