Acido Solfidrico nel percolato

Dopo il sequestro dell’Azienda di via delle Ferriere si aspetta l’esito dell’autopsia sui corpi delle vittime

Comincia a delinearsi il quadro della tragedia che ha portato alla morte dei due operai presso lo stabilimento Kyklos di via delle Ferriere.
Nell’impianto di compostaggio apriliano, dove vengono conferiti i rifiuti umidi dai Comuni romani e non solo, è emerso che il percolato stoccato nell’azienda – prodotto che non doveva rappresentare alcun rischio – conteneva percentuali elevatissime di acido solfidrico, sostanza letale se inalata in grandi percentuali. Il sostituto procuratore Spinelli aveva subito aperto un’inchiesta per omicidio colposo, ma la svolta è appunto arrivata ieri, con le prime analisi sul percolato presente nelle vasche della Kyklos. “A questo punto i miei clienti sono vittime”, ha sottolineato l’avvocato Angelo Di Silvio, che proprio ieri mattina aveva a sua volta presentato un’istanza di sequestro dell’impianto. Le indagini comunque proseguono e si aspetta il risultato dell’autopsia.
L’acido solfidrico si usa negli scrubber, in alcuni impianti, per abbattere gli odori, lo scrubber è un’apparecchiatura che consente di ridurre la concentrazione di sostanze presenti in una corrente gassosa, solitamente polveri e microinquinanti acidi. L’Arpa rileva che l’acido solfidrico è “caratterizzato da una spiccata tossicità a elevate concentrazioni” e “in quantità superiore alle 1000 parti per milione provoca collasso immediato con soffocamento anche dopo un singolo respiro”. Una tragedia inaccettabile perché anomala, dato che il percolato non è generalmente catalogato come un rifiuto tossico. Si tratta di una sostanza liquida che nasce da infiltrazioni d’acqua nelle masse di rifiuti. L’Arpa sostiene che “è altamente probabile che le esalazioni siano state caratterizzate da elevatissime concentrazioni di acido solfidrico”. Talmente potenti da uccidere praticamente sul colpo persino all’aperto.

kyklos
Lunedì mattina Fabio Lisei e Roberto Papini, 44 e 42 anni, di San Lorenzo Nuovo, in provincia di Viterbo, operai della Mira di Orvieto, si erano recati allo stabilimento di Aprilia per caricare il percolato su due autocisterne e poi portarlo nelle discariche autorizzate. Non indossavano mascherine, trattandosi di un prodotto affatto pericoloso e come affermano dall’azienda non erano tenuti ad indossare particolari protezioni perché, come detto, il percolato non è tossico. “Lì dentro non c’era altro che percolato. L’ultimo viaggio quei mezzi lo avevano fatto venerdì, sempre alla Kyklos”, ha subito precisato l’avvocato Angelo Di Silvio, legale della Mira.

Una vicenda che fa discutere anche il mondo politico tanto che, questa mattina in Consiglio Comunale ad Aprilia, sono state chiesta le dimissioni dell’Assessore all’Ambiente Lombardi.

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