Il sogno di Mario Pisanti

L’intervista al campione italiano dei Pesi Piuma

Il nome di Mario Pisanti non è legato soltanto alla figura del nuovo campione nazionale dei Pesi Piuma, ma soprattutto a una passione viscerale per il pugilato che porta un ragazzo di 33 anni, nato e allenatosi nella nostra provincia, a non mollare mai il proprio sogno, nonostante le molte difficoltà incontrate per arrivare a conquistare questo prestigioso titolo.  Mario, com’è iniziata la tua passione per la boxe e quando hai deciso di intraprendere la carriera del pugile? Io ho cominciato a fare pugilato a 16 anni, ma già praticavo il karate a livello agonistico da quando ne avevo 5. Ad un certo punto il karate era diventato per la mia famiglia un impegno troppo oneroso, quindi ho optato per la boxe che, al contrario, non aveva grandi costi, anzi, mi avrebbe permesso di guadagnare qualche piccola somma attraverso le gare. Dopo pochissimo tempo ho capito che il pugilato mi appassionava davvero e che era la mia stessa ragione di vita… Pugili non si diventa, ma si nasce. In quel periodo io e la mia famiglia vivevamo a Cisterna, nel quartiere San Valentino 167, una zona piuttosto degradata. Inoltre, a casa mia c’erano forti tensioni a causa dei problemi economici e della mancanza di lavoro. La boxe per me è stata come una salvezza da tutto questo. Il pugilato ti aiuta ad uscire fuori da quell’inferno in cui ti trovi e ti permette di sfogare tutta la rabbia che hai dentro. Nel 2004 hai avuto un incidente stradale che ti ha costretto ad allontanarti dal ring per ben quattro anni.  Come hai reagito e che cosa hai fatto dopo l’incidente? L’incidente mi ha causato un trauma cranico, problemi agli occhi e qualche frattura che mi hanno reso inidoneo al pugilato. Non è stato un bel periodo, ma ho cercato subito di fare qualcos’altro. Ho trovato mille lavori diversi, come allenatore di kick boxing, insegnante di balli latinoamericani, istruttore di aerobica… Mi stavo costruendo una nuova vita. Sono anche riuscito a realizzare quello che desideravo da sempre, una palestra tutta mia. Come ti sei riavvicinato al pugilato? Il pensiero del pugilato non mi abbandonava mai. Un giorno, dopo quattro anni dall’incidente, ho deciso di fare delle visite mediche per verificare lo stato della mia forma fisica. Quando ho saputo di essere nuovamente idoneo al pugilato, non ci ho pensato due volte, ho ripreso a praticare questo sport. Dato che il mio vecchio allenatore si era ritirato, mi sono rivolto a diverse palestre di Latina, senza mai trovare l’allenatore che faceva per me. Quegli ambienti non mi piacevano e mi sentivo solo. Ho deciso, quindi, di tornare nella mia vecchia palestra, la Audax  Cisterna, dove ho trovato una persona speciale, Michel Casoria, quello che è tutt’ora il mio maestro. Con Casoria mi sono trovato subito molto bene, probabilmente perché anche lui era stato un allievo del mio vecchio maestro.

Il documentario “Mani fasciate” che il regista Vincenzo Notaro dedica alla tua storia, mostra come l’incidente e il disagio economico non ti scoraggiano, per non parlare delle difficoltà nel conciliare il tuo lavoro con gli allenamenti e il tempo da dedicare a tuo figlio. La speranza di batterti per un titolo rimane sempre vivida, ma nonostante tu fossi un pugile promettente e costantemente allenato, non hai combattuto per diverso tempo a causa dell’enorme difficoltà nel fissare un incontro. Aiutaci a capire quali sono stati i problemi che hai trovato nel sistema della boxe e che cosa c’è dietro l’organizzazione dei combattimenti. La boxe è uno sport in cui tutte le persone che ruotano attorno al pugile mirano a speculare sui combattimenti. Un pugile è costantemente concentrato ad allenarsi, giorno per giorno, e non può occuparsi dell’organizzazione degli incontri; deve perciò affidarsi ad un manager, ad un team, trovandosi spesso con le spalle scoperte, cioè nelle mani di persone che fanno soltanto i propri interessi. Nessuno vuole assumersi il rischio di investire su un pugile, anche se promettente, soprattutto se non ha ancora conquistato un titolo. Finalmente nel 2013 riesci a realizzare il sogno della tua vita: vincere il titolo di campione nazionale dei Pesi Piuma. Che cosa consiglieresti ad un giovane che, come te, volesse intraprendere la carriera del pugile? Consiglio di tenere sempre gli occhi bene aperti, ma la cosa più importante è saper scegliere un ottimo maestro; un maestro che sia come un secondo padre, che si preoccupi per il bene del pugile ed instauri con lui un rapporto di fiducia. Il 7 giugno hai sfidato Antonio Cossu, riuscendo a difendere il tuo titolo. Dicci qualche parola sull’incontro e sul tuo avversario. L’incontro poteva certamente andare meglio. Purtroppo sono stato sfortunato perché una settimana prima del macht ho avuto dei problemi di salute. Non ero nella forma fisica migliore per un combattimento, ma grazie all’aiuto dei miei medici sono riuscito a rimettermi in piedi. Cossu è certamente un pugile in gamba, con un ottimo curriculum, che finora era rimasto ancora imbattuto in Italia. L’incontro purtroppo è stato sospeso per la brutta ferita al viso di Cossu. In questo modo, avendo acquisito il punteggio più alto, mi sono aggiudicato la vittoria. Quali sono i tuoi progetti futuri? Il prossimo passo sarà certamente l’incontro per il titolo europeo dei Pesi Piuma, ad agosto. Il mio sfidante ufficiale sarà lo spagnolo Ivan Ruiz Morote. In bocca al lupo, allora… Faremo il tifo per te.

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