“Cari Nonni” – Il Mio Amico Alfred, di Chiara Di Benedetto

Ecco il brano completo che si è aggiudicato la Categoria C ed il Premio della Critica nel concorso “Cari Nonni” del Comune di Aprilia

Cari nonni ora IO voglio raccontarvi una storia, quella di un barbone e di una giovane ragazza e di come le loro vite si incontrarono, anche se solo per poco. La prima volta che lei lo vide era il suo primo giorno da liceale. Quando si era svegliata, quella mattina, tutti i pensieri e le preoccupazioni che avevano riempito le sue giornate estive, si erano affacciati nella sua mente e le avevano dato il buongiorno; così adesso la povera ragazza tentava di scacciare quei pensieri come si fa con quelle mosche testarde che cerchi di mandare via ma che continuano a ronzarti, ostinatamente, attorno alle orecchie. Ad un certo punto dirigendosi verso la scuola, svoltato l’angolo, vide qualcosa che la destò da tutti i suoi pensieri. Era un barbone, un semplice barbone seduto a gambe incrociate all’angolo della strada che portava all’ufficio postale più affollato della cittadina, perciò molte persone gli passavano davanti, senza degnarlo di uno sguardo. Era un uomo alto, leggermene gobbo, aveva la carnagione scura, probabilmente era un emigrato straniero, la sua bianca barba era lunga, ma non troppo, era diverso da tutti i barboni che avesse mai visto.

Comune di Aprilia

Una volta doveva essere stato un bell’uomo, pensò. Accarezzava pigramente il muso di un cagnolino accovacciato accanto a lui su una coperta a fantasia scozzese, in effetti sembrava che la coperta fosse più per il cane che per l’uomo, che guardava fisso la strada davanti a sé con sguardo spento. Forse era proprio il suo sguardo che l’aveva colpita tanto: aveva due begli occhi castano scuro, ma non erano i soliti, comuni, occhi castani, erano diversi perché avevano una luce particolare, ispiravano un’antica bellezza, quegli occhi avevano visto più di quanto la ragazza avesse o avrebbe mai visto in tutta la sua vita. Di una cosa era certa, tutto ciò di cui prima si preoccupava tanto, il primo giorno di scuola, i compagni, i professori…improvvisamente, le parve così futile e insignificante davanti alla profondità di quegli occhi che si sentì una stupida per essersene angosciata in quel modo. Era tanto impegnata a guardare nel profondo degli occhi dell’uomo, che non si era accorta che lui si era fermato a scrutare i suoi e lei colta nel fatto non poté far altro che sostenere il suo sguardo. Rimasero così, l’una a scorgere le profondità dell’anima dell’altro, la bambina che guardava l’uomo, il barbone che guardava la passante. Fu una frazione di secondo forse, o forse qualche minuto, la ragazza non lo seppe mai, ma in quello sguardo silenzioso si dissero più di quanto avrebbero mai potuto spiegare le semplici parole.

Decise che gli avrebbe dato un nome, il barbone dagli occhi profondi sarebbe stato, per lei, Alfred. Da quel giorno in poi tutte le mattine la ragazza guardava l’angolo della strada per vedere se Alfred fosse lì ed Alfred c’era sempre e sempre ricambiò il suo sguardo. Ogni volta l’uomo sperava di scorgere qualcosa di più nei sorridenti occhi di lei, qualcosa che gli avrebbe ricordato la sua vita e i motivi per cui valeva la pena viverla, era la sua “finestra” sulla vita, così la chiamava lui tacitamente, e la ragazza dal canto suo, sperava di scoprire qualcosa di più negli stanchi occhi dell’uomo sulla strada, qualcosa sulla sua storia e sulle cose che aveva visto. Lei era affamata di Sapere, voleva conoscere, voleva scoprire; lui, attraverso di lei, desiderava rivivere, desiderava vivere. Così i nostri due amici vissero di sguardi per un anno intero, fino a quando in una fredda mattina di gennaio la ragazza al ritorno dalla scuola, marciava tutta impettita e infastidita perché la professoressa di italiano aveva assegnato alla classe un tema biografico e aveva annunciato che il tema migliore sarebbe stato premiato; ora, ciò che la indisponeva tanto era che desiderava ardentemente vincere, ma non sapeva proprio su chi scrivere quella biografia…fino a quando non scorse Albert.

vinc c

Stava lì come al solito e a lei venne un’idea. Passandogli davanti fece scivolare “accidentalmente” il dizionario di greco, si chinò per raccoglierlo ma una mano lo afferrò -Tieni- disse Albert con sguardo tra il gentile e il divertito tendendole il dizionario. Lei quasi sussultò nel sentire la sua voce; era italiano, la sua pronuncia era perfetta. –Oh…grazie- fece la ragazza con voce flebile –Classico, eh?- Quindi sapeva leggere, altra cosa di cui aveva dubitato, anche se a questo pensiero si vergognò di sé stessa. –Eh…sì…purtroppo sì- Fece lei, non perché non le piacesse la sua scuola, ma perché desiderava ardentemente scorgere un sorriso su quel volto, e lui non la deluse: sorrise, aveva un sorriso gentile, le ricordò suo nonno. –Anche io ho fatto il classico, sai?- –Davvero?- Lui le sorrise di nuovo. –Posso farle una domanda?- fece lei -Mh-mh- -Le sembrerà un po’ strano ma…mi può raccontare la sua…be la sua…storia?- E gli spiegò del compito –Sai, non mi sembra un buona idea, bambina- Rispose lui, che era troppo vecchio e troppo stanco per rivivere la sua intera vita dal ciglio di una strada. Così lei si congedò un po’ delusa ma l’indomani mattina tornò all’attacco. Si presentò ad Alfred con un cornetto caldo in mano e glielo mise davanti al naso –Per lei- gli disse affettuosamente. –Le bambine non dovrebbero portare da mangiare ai vecchi- fece lui –I vecchi non dovrebbero stare sui marciapiedi- fece lei e scorse un sorrisetto divertito sul volto del vecchio che, rassegnato, afferrò il cornetto e lo addentò. –E così vuoi scrivere della mia vita, eh?- E lei annuì –D’accordo- Si sedettero sulla panchina davanti alla chiesa, con i bronzei occhi di S. Michele a scrutarli dall’alto. –Sono nato qui, il 21 Febbraio 1945, mio padre era un soldato franco-arabo che aveva partecipato allo sbarco di Anzio, mia madre si era innamorata di lui, ma a lui non interessava niente di lei…- le raccontò di quando si trasferirono ad Aprilia e di come lui assistette alla costruzione di ogni palazzo che adesso lei poteva vedere;  le disse che era un ex professore di lettere, le descrisse la sua bellissima moglie, morta a causa della leucemia e raccontò degli ultimi anni della sua vita, che aveva trascorso prendendosi cura di lei…fino a quando arrivò il giorno in cui l’avevano cacciato dalla sua casa perché non pagava l’affitto da un anno, la pensione non gli bastava. Fu così che finì sul ciglio del marciapiede di via dei Lauri e quando la guardò di nuovo, finalmente, negli occhi, la ragazza si accorse che stava piangendo. Lei gli sorrise e gli diede uno schioccante bacio sulla guancia –Grazie- disse semplicemente, lo guardò nel profondo degli occhi e finalmente scorse la sua anima. La mattina seguente la ragazza corse per andare a dire ad Alfred che aveva vinto il premio, corse per vedere il suo amico Alfred, corse, per guardare i suoi occhi, per guardare di nuovo la sua anima, ma quando arrivò, quando arrivò davanti a quel remoto angolo di via dei Lauri, c’era la coperta scozzese, c’era il dolce cagnolino di Alfred accucciato sopra, ma Alfred non c’era.

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